lunedì 4 febbraio 2008

Conoscete questo libro?

Conoscere questo libro e capirlo...ogni insegnate dovrebbe leggerlo....
LA TESTA BEN FATTA
EDGAR MORIN

“…E’ meglio una testa ben fatta che una testa ben piena…”(pag.15) diceva Montaigne. Morin nel suo testo riprende questa frase per esporre il suo pensiero in merito all’educazione e all’istruzione. Morin a partire dal prologo sostiene la necessaria riforma del pensiero per avere una conseguente riforma dell’insegnamento. L’autore ha voluto mostrare come la soluzione dei problemi e il perseguimento delle finalità debbano comportare la riforma del pensiero e dell’istruzione.
Ma che cosa sono l’educazione e l’istruzione? Secondo Morin questi due termini coincidono, ma allo stesso modo si differenziano.Mettendo a confronto i due termini parla di insegnamento educativo, termini attuali nella scuola moderna; ma cos’è l’insegnamento educativo?
Ed è possibile parlare di insegnamento educativo come lo intende Morin? Egli infatti sostiene che la missione di questo insegnamento non è trasmettere del puro sapere, “ma una cultura che permetta di comprendere la nostra condizione e di aiutarci a vivere, essa è nello stesso tempo una maniera di pensare in modo aperto e libero”(p.3).
Secondo Morin si può avere questo risultato attuando una riforma del pensiero anche se “c’è un’inadeguatezza sempre più ampia, profonda e grave tra i nostri saperi disgiunti e frazionati suddivisi in discipline da una parte, e realtà o
problemi sempre più polidisciplinari, trasversali, multidimensionali, transazionali, globali, planetari, trasversali, multidimensionali”(…)(p.5).
La separazione delle discipline rende incapaci di cogliere “ ciò che è tessuto insieme (…) cioè il complesso”(p.6).
Il complesso, infatti, è formato da parti.
Si deve quindi pensare il problema dell’insegnamento “da una parte a partire dalla considerazione degli effetti sempre più gravi della compartimentazione dei saperi e dell’incapacità di articolare gli uni agli altri,dall’altra parte a partire dalla considerazione che l’attitudine a contestualizzare e a integrare è una qualità fondamentale della mente umana e che si tratta di svilupparla piuttosto che atrofizzarla” (p.8-9).
“Dietro alla sfida globale e del complesso si nasconde un’altra sfida quella dell’espansione incontrollata dei saperi” (p.9).
I saperi nella scuola odierna sono in continuo accrescimento, ma spesso vengono proposti in modo dissociato senza interconnessione fra loro. Morin sostiene che “le conoscenze frammentate servono solo per utilizzazioni tecniche”(p.9).
A mio parere, le conoscenze frammentate,non servono solo per conoscenze tecniche,ma aiutano a preparare una situazione globale con una conseguente interconnessione tra i saperi.
Morin sostiene che ci sono tre sfide che ci conducono al problema essenziale dell’organizzazione del sapere:la sfida culturale,quella sociologica e quella civica.
Egli divide la cultura in due blocchi:umanistica e scientifica che mancano ognuno di caratteri diversi. La sfida sociologica prende in considerazione lo sviluppo della società dei mass-media.
Nella sfida civica sostiene che “l’indebolimento di una percezione globale conduce all’indebolimento del senso della responsabilità poichè ciascuno tende a essere responsabile solo del proprio compito specializzato, così come all’indebolimento della solidarietà, poiché ciascuno percepisce solo il legame organico con la propria città e i propri cittadini”(p.11).
Attraverso queste sfide si può attuare la “sfida delle sfide” ovvero “la riforma dell’insegnamento che deve condurre alla riforma del pensiero e la riforma di pensiero che deve condurre a quella dell’insegnamento”(p.13).
Ma che cosa significa insegnare? Secondo Morin è meglio “una testa ben fatta che una testa ben piena” quindi l’insegnamento deve concentrarsi sull’individuo aiutandolo a interpretare e organizzare i saperi tra di loro,ma allora l’educazione si riduce solo al semplice apprendimento di nozioni? L’insegnamento nella società odierna non è solo puro apprendimento, ma saper interagire con il mondo esterno e con gli altri, gli alunni devono essere incoraggiati alla ricerca nelle varie discipline, risolvere problemi a programmare azioni ponendosi degli obiettivi. Sono inutili numerose singole nozioni senza interdisciplinarietà e interconnessione. Una “testa ben fatta” può permettere agli alunni di sviluppare un pensiero critico, efficace individualistico che si andrà a confrontare con altri pensieri e a relazionarsi all’interno della società.
Non perdere di vista che il pensiero interconnesso necessita anche di un processo di separazione (dalle parti al tutto, dal tutto alle parti), “la conoscenza comporta nello stesso tempo separazione e interconnessione,analisi e sintesi”(p.18).
La società moderna deve agire in modo tale da formare interconnessione e analisi; “un tale pensiero si apre al contesto dei contesti, il contesto planetario”.
Se in passato le discipline scientifiche avevano con il loro sviluppo formato una separazione con le discipline umanistiche ora non è più così, con le loro conquiste e le loro ricerche possono aiutare l’alunno a pensare che il loro sistema così complesso racchiude piccole parti interconnesse tra di loro.Spesso nella scuola primaria si parla di capacità di capire le scienze solo dopo aver lavorato in modo proficuo nelle discipline umanistiche e viceversa.
La scuola primaria deve essere la base dei saperi organizzati del pensiero che interagisce.
Noi stessi partiamo da una fisicità basata sul scientifico e sul materiale e siamo contornati da esperienze spiegate dalle scienze umane.
La psicologia e la sociologia stesse lavorano sulle basi di discipline scientifiche.
Lo stesso studio del linguaggio è legata a mutamenti fisici e biologici dell’uomo. Morin intitola il quarto capitolo del suo libro “Apprendere e vivere” ebbene “l’oggetto dell’educazione non è dare all’allievo una quantità sempre maggiore di conoscenze, ma è costruire in lui l’ anima che l’orienti in un senso definito non solamente durante l’infanzia ,ma per tutta la vita” (p.45).
L’educazione deve essere perpetua ovvero è necessario trasmettere valori e conoscenze che vadano ad abbracciare la crescita dell’uomo, le varie discipline interconnesse devono “insegnare al cervello” che nessuna conoscenza può fare a meno dell’interpretazione. Si deve insegnare a tradurre in modo costruttivo ogni minima percezione. La formazione del pensiero e la conseguente educazione è una cosa complessa da perfezionare e interpretare durante la vita.
Inoltre Morin sostiene che “Conoscere e pensare” non è arrivare a una verità assolutamente certa ,è dialogare con l’incertezza (p.59).
La condizione umana è segnata dall’incertezza,la storia e anche il processo educativo possono essere incerti e imprevedibili sul risultato sulle capacità e su mezzi e metodi. Il compito dell’uomo è anche quello di coesistere con le incertezze adattandosi in maniera consapevole. Morin sostiene che “ il nostro insegnamento tende al programma mentre la vita ci chiede strategie e ,se possibile, anche serendipità e arte”(p.63)
L’educazione non va vista solo all’interno della scuola ,ma deve contribuire all’auto formazione del cittadino che condivide i valori di una società democratica,deve saper assumersi le proprie responsabilità vivendo in modo socialmente corretto.Il compito della scuola è quello di collaborare ad una educazione permanente e duratura. Attraverso l’interconnessione dei saperi si deve aiutare l’uomo ad affrontare problemi e sfide che la vita ci pone. Noi insegnanti dovremmo insegnare a vivere ai nostri alunni, le conoscenze che noi trasmettiamo loro non devo essere settoriali e superficiali ma devono essere nozioni che aiutino il bambino a strutturare un pensiero critico ,a costruirsi schemi mentali che lo possano aiutare nello studio e anche nell’organizzazione delle scelte quotidiane.
Inoltre il sistema scolastico deve operare con un rapporto di continuità tra i vari gradi e ordini di scuola in modo che il processo educativo sia completo e proficuo, senza sottovalutare l’individualità del soggetto, le proprie attitudini personali il proprio pensiero. Molto spesso tra i vari ordini di scuola non si parla un “linguaggio comune” e questo va a discapito del processo educativo, infatti, le linee guida del processo educativo dovrebbero essere decise in accordo comune tra i vari ordini di scuola in quanto il passaggio da ogni grado di scuola è sempre moto complesso; gli insegnanti dovrebbero impegnarsi a collaborare a stabilire obiettivi comuni legati ai vari ambiti disciplinari.
Con i fini comuni si potrà provare ad attuare quello che è un processo educativo legato al miglioramento della persona, alla sua capacità di interconnettere le varie discipline e i vari saperi tenendo conto del contesto in cui si applica e della realtà dell’individuo. Il rinnovamento del pensiero deve tener conto dell’individualità dell’individuo che deve essere valorizzata per fare in modo che si formi un uomo con una personalità rispettosa dei valori altrui della personalità e del modo di essere di ognuno di noi. Spesso non ci si rende conto che si ha a che far con persone e non con “dei piccoli robot” e che noi insegnanti abbiamo una grande responsabilità in quello che facciamo “avendo in mano” il futuro la cultura e la vita “degli uomini e delle donne di domani”, ogni bambino ha i suoi tempi e il suo modo di apprendere, ma sempre più spesso gli vengono affidate prove di verifica anche ministeriali da svolgere in modo statico e non in modo dinamico dove il bambino viene etichettato in base al numero di domande giuste.
Da non sottovalutare il ruolo dei media nella società,cercando di usare ciò come un vantaggio e non come uno svantaggio.
Nell’ottavo capitolo Morin riflette sulla “necessità di un pensiero (…) che distingue e unisce;(…)un pensiero del complesso nel senso originario del termine,complesso ciò che è tenuto insieme (…) (p.91).
Il pensiero che affronta il tema dell’incertezza viene presentato secondo sette principi complementari e interdipendenti (sistematico od organizzazionale, ologrammatico, dell’anello retroattivo, dell’anello ricorsivo, d’autonomia/dipendenza, dialogico, della reintegrazione del soggetto conoscente in un processo di conoscenza) che aiuterebbero ad organizzare un pensiero che interconnette con la conseguenza che “ un pensiero capace di non rinchiudersi nel locale e nel particolare,ma capace di concepire gli insiemi, sarebbe adatto a favorire il senso della responsabilità e il senso della cittadinanza.La riforma del pensiero dovrebbe avere conseguenze esistenziali, etiche e civiche. (p.101).
Morin, nel capitolo nove, pone l’accento su un problema attuale della nostra scuola, sostiene infatti che c’è bisogno di più crediti e più insegnanti in modo che ogni insegnante possa conoscere individualmente ogni studente tenendo conto dell’individualità di ciascuno.Questo tipo di pensiero incontra difficoltà in quanto molti insegnanti sono “rigidi” nelle “proprie sovranità disciplinari” (p.104)
Spesso gli insegnanti rifiutano il confronto con i colleghi, inoltre tutto ciò scaturisce anche in una enorme difficoltà a far concernere la relazione scuola e società. Morin sostiene che “questa relazione non è speculare, ma ologrammatica e ricorsiva:ologrammatica come un singolo punto di ologramma porta in sé la totalità della figura che rappresenta,anche la scuola nella sua singolarità porta in sé la presenza dell’intera società. Ricorsiva: la società produce la scuola che produce la società” (p.104).
Ma chi educherà gli educatori? Se non c’è una cooperazione e collaborazione tra insegnanti quale qualità si potrà avere in termini di rinnovo del pensiero e dell’educazione. Si arriverà al punto che il lavoro di educatore sarà animato solo da un sentimento di missione, ciò può essere giusto in quanto la trasmissione delle conoscenze richiede competenza,ma richiede anche arte. Chi insegna con passione avrà sicuramente risultati diversi da chi lo fa solamente per uno scopo economico e remunerativo.
L’insegnante ha la “missione” di fornire cultura che permetta di contestualizzare, affrontare i problemi,preparare le menti alle sfide,alle incertezze, all’affiliazione, alla sua storia, alla sua cultura insegnare l’umanità e i valori.
La scuola deve trasmettere tutto ciò, deve cooperare con la società, la famiglia e tutto quello che ci circonda alla formazione dell’uomo e del cittadino.
La riforma del pensiero di cui parla Morin a mio parere è molto complesso in quanto sempre ci si trova davanti a scelte, idee e formazioni diverse e spesso i rapporti tra le colleghe di classe o di sezione sono molto difficili e questo si ripercuote anche sui rapporti con le famiglie e con le istituzioni.Non è quindi da sottovalutare la formazione degli insegnanti spesso povera di competenze e quindi incapace di attuare modalità e criteri innovativi.
Nella scuola attuale si tende a programmare in modo statico senza elasticità e a basarsi solo su questi. Il problema che Morin pone su chi educherà gli educatori è reale e attuale se veramente si verificassero riforme di pensiero innovativo chi riuscirà ad educare gli educatori? Ma soprattutto come sarà possibile fare aprire a tutti l’idea di una scuola nuova?
Anche in base ai cambiamenti che la società ,in continua evoluzione continua a portare il pensiero e l’insegnamento dovranno sicuramente evolversi cambiando prospettiva e visione delle cose, ma in che modo. La nostra società è ormai multietnica, ma ancora troppo poco si parla di intercultura, nella scuola dopo la chiusura delle scuole speciali sono stati inseriti i portatori di handicap anche gravi, ma dove sono gli spazi e le risorse e soprattutto la formazione non solo degli insegnanti di sostegno ma anche di quelli di classi per affrontare le problematiche che possono verificarsi di fronte a handicap gravi?
La riforma del pensiero deve partire inizialmente dalle sfere più alte il sistema educativo solo così si potrà educare gli educatori e tutti coloro che operano attivamente nel sistema scolastico,
La riforma del pensiero di cui parla Morin, è complessa da attuare e soprattutto richiede tempi molto lunghi, richiede impegno,volontà,e passione da parte dei singoli individui delle varie istituzioni,si deve attuare il lavoro in rete di cuoi tanto si parla e che spesso non si applica.
L’insegnamento viene visto, da chi non lo vive come “il posto statale” dove tutti cercano di “sistemarsi”, non è proprio così chi insegna deve essere animato dalla passione per quello e dalla voglia di trasmettere il suo sapere , la sua professionalità la sua voglia di dare agli altri Questo lavoro deve essere per noi veramente una missione,ma spesso questo viene trascurato.
L’insegnante non è valutato per le sue capacità,ma per il numero di nozioni che trasmette agli alunni,ma allora cosa significa insegnare? Questa è per me la grande domanda che sempre mi pongo, pensando spesso che il nostro lavoro è spesso criticato dalle famiglie e dai colleghi, quello stesso titolo di studio che è stato nel passato il primo ammesso alle donne come licenza superiore che richiedeva dignità e rispetto, oggi è visto come un semplice diploma tra i molti proposti.
Da non sottovalutare il discorso delle famiglie che non sono più organizzate come una volta. I genitori spesso lavorano entrambe e hanno sempre meno tempo di seguire i figli quindi spesso delegano la scuola di tutto ciò che riguarda la loro educazione e l’istruzione . Inoltre anche la costituzione delle famiglie sta cambiando spesso le famiglie non sono più quelle “tradizionali” del passato quindi anche i bambini si trovano a contatto con realtà diverse e modelli educativi differenti.
La riforma del pensiero che illustra Morin a mio parere è un qualcosa che deve andare a sradicare idee, pensieri, luoghi comuni formatosi in decine di anni di riforme e cambi sociali, pur condividendo il fatto che per riformare l’educazione sia necessario riformare il pensiero mi chiedo come sia possibile farlo nel modo in cui illustra Morin,partendo dai presupposti sopra citati,se si va a riflettere su ciò che sta succedendo nella società odierna allora si potrà dire che il pensiero è in continua riforma che non sempre può essere considerata positiva,ma di pur sempre riforma si tratta in quanto ogni piccolo o grande cambiamento sociale cambia il modo di noi persone,genitori e insegnanti di approcciarsi a ciò che ci circonda e quindi anche all’istruzione e all’educazione sempre diversa.
I problemi attuali di noi insegnanti non sono neanche paragonabili a quelli degli insegnanti del dopo guerra o degli anni sessanta e settanta, i vecchi programmi citavano la necessità di insegnare agli alunni a “leggere,a scrivere e a far di conto”, ormai questa ipotesi sono superate o per lo meno integrate da altre conoscenze e competenze che prevedono formazione nuova e diversa rispetto ad un tempo. Purtroppo questa necessità di svolgere ciò che ci dicono i programmi ci fa perdere di vista quelli che sono punti essenziali da tenere in considerazione da parte di noi insegnanti in primo luogo l’individualità di ogni singolo bambino, Morin, infatti, pone molta attenzione a ciò.Ogni bambino a diritto ad imparare e questo è sancito anche dalla costituzione ,ma come? In che tempo? Infatti i programma specificano anche questo perdendo così di vista i tempi di apprendimento del singolo individuo che sembrerà sempre più diverso dal resto del gruppo perché magari più lento, in senso negativo, o più veloce, in senso positivo.
In questi anni a di lavoro svolti ad aiutare con tutte le proprie capacità “piccoli uomini e donne del domani” a formarsi una propria cultura e una propria identità che possa aiutarli per la vita ho imparato anch’io molte cose e soprattutto, (citando una frase di una cara collega): “che noi non abbiamo a che fare con delle macchine, ma con degli esseri umani tutti uguali e diversi ed è per questo che a volte il nostro lavoro può diventare così difficile e faticoso” Ho imparato a confrontarmi e a rapportarmi con gli altri in modo positivo e costruttivo e penso di aver attuato dentro di me una mia personale riforma di pensiero che spero mi porti a dare sempre il meglio che posso di me stessa riuscendo a modificare ciò che è necessario per adattarmi ai cambiamenti e alle modificazioni della scuola e dalla società.

2 commenti:

Ondamagis ha detto...

che bel libro, credo di averlo usato per la tesi della prima laurea. MA devo rilegger meglio questo post...parola d'insegnante- collega. Ciao Cris

Anna Maria Rossi ha detto...

grazie per la visita. le visite sono sempre gradite, i commenti ancor di più. appena avrò un po' di tempo farò un giro più accurato nel tuo blog.ciao
anna